UN GIORNO LONTANO- LONTANO, A CASA DI DOTTOR J
Il racconto che vi proponiamo è magico e meraviglioso.
Anno 1983, qualche anno prima l’accadimento che cambiò il mondo del basket, anche perché, nel commentare quanto Julius Erving abbia influito sul suo gioco, Michael Jordan affermò in un’intervista: “Senza Doctor J non sarebbe mai esistito MJ”.
Il “Dottore” divenne famoso nei primi anni settanta per la sua capacità di coniugare l’eleganza e l’imprevedibilità del suo gioco ad un’esplosiva potenza.
Entusiasmò gli appassionati di basket con le sue spettacolari schiacciate, nelle quali saltava al di sopra delle braccia dei difensori avvitandosi e rimanendo a lungo sospeso in volo come mai si era visto prima.
In pochi ricordano che vinse un titolo con in squadra un mito della storia nero-arancio, Kim Hughes, tutto il mondo del basket, invece, ricordano la “Baseline move”.
Era l’undici maggio di quarant’anni fa, il palcoscenico lo Spectrum di Philadelphia, dove si stanno giocando le finali NBA tra 76ers e Lakers. Quella partita, una normale gara quattro di una finale, entrò nella storia per quella che viene definita come la “miglior giocata di sempre” in NBA, realizzata da Julius Erving.
E questa foto? La storia è ancor più magica.
Tre giovani reggini, Corrado Trombetta, Eugenio Canale e Renata Catanese incontrarono un mito assoluto del mondo della palla a spicchi recandosi direttamente nella sua meravigliosa abitazione.
Erving è stato sposato dal 1972 al 2003 con Turquoise Brown Erving, una delle donne più belle del mondo ed il parrucchiere personale della Lady del Dottore era un reggino al cento per cento che aprì le porte per questa meravigliosa storia.
I tre reggini vennero accolti in un ambiente accessibili a pochi intimi, protetto da numerose guardie del corpo nel centro di Philadelphia.
Il retroscena? Il trio, tifosissimo di una Viola che cresceva passo dopo passo ed aveva da qualche tempo conquistato la prima promozione nella massima serie sotto la guida di Gianfranco Benvenuti illustrarono le gesta della squadra di basket della loro città al mito con la canotta numero sei.