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SI E’ RITIRATO MARCO PASSERA:UN ESEMPIO DA SEGUIRE

Ambasciatore di grande pallacanestro in cabina di regia. E’ passato dalla Viola nell’ultimo anno di A2.

Lo scrive VareseSport, ecco le sue parole

Una festa a sorpresa organizzata all’interno di quella di fine stagione della società creata un paio d’anni fa insieme all’amico di sempre, Martino Rovera. A organizzarla papà Franco che ha riunito quasi tutti i componenti di quella squadra targata Robur et Fides che vinse lo Scudetto Under 15 nel 1997 mantenendo un rigoroso silenzio. Una maglietta celebrativa (“E’ stato un viaggio meraviglioso durato 20 anni”) e tanta emozione nelle parole di Marco Passera che dice basta con la pallacanestro (giocata, puntualizza lui, ndr) dopo una lunghissima carriera che si chiude a 42 anni compiuti per un altro dei figli di questa terra dei 7 Laghi innamorata della palla a spicchi.

 

Penso sia stato un processo abbastanza graduale, però, quando hai deciso che era arrivato il fatidico momento di dire basta al basket giocato?
“E’ una cosa che ho maturato quest’anno durante la stagione perchè secondo me arrivi ad un certo punto che ti accorgi che inizi a fare fatica. Arrivo pronto a questo momento dato che è una cosa su cui ci ho pensato negli ultimi anni di carriera e durante questa stagione non nascondo che ad un certo punto ha iniziato a pesarmi fare avanti indietro da Varese a Milano, allenarmi la sera tardi e quindi da sola è venuta fuori la decisione di dire basta”.

Dando uno sguardo alla tua lunga carriera possiamo affermare che i 5 anni vissuti alla allora Soresina (poi divenuta Vanoli Cremona) sono stati quelli più importanti?
“Ho avuto la fortuna di incontrare la Vanoli Soresina nello stesso momento di crescita. Sia io che la società eravamo pronti per fare il salto e siamo esplosi insieme. Ho avuto anche la fortuna di avere un super allenatore come Trinchieri e questa cosa mi ha dato la possibilità di vincere il primo campionato e fare un bel salto ovvero mettermi alla prova con la serie A. Cremona è un momento bellissimo: 5 anni stupendi che porterò sempre nel mio cuore”.

Poi arriva il triennio in maglia Varese: emozioni contrastanti diciamo così…
“Giocare per Varese era il mio sogno fin da piccolo e sono riuscito a realizzarlo. Sono andato via da Cremona solo perchè è arrivata la chiamata di Varese cui non potevo dire di no. Felicissimo di tornare a casa e confrontarmi con la serie A. Purtroppo le cose non sono andate come speravo: nella mia testa avevo l’idea di tornare e non ripartire più. Varese era il mio sogno, ma subito è arrivata una retrocessione amarissima; l’anno seguente abbiamo vinto con merito la Legadue e poi l’ultimo anno è andata come andata. Alla fine del terzo anno avevo capito che era il momento di riprendere la valigia e ripartire se avevo ancora l’entusiasmo e la voglia di fare il professionista”.

Varese ti ha anche aperto le porte della Nazionale.
“Nel 2008 avevo iniziato molto bene la stagione, Recalcati si accorse di me e da rookie in A ho avuto la convocazione in Nazionale. E’ stata una grande soddisfazione ed un ricordo bellissimo legato a Varese. Sarebbe stato bello poter disputare una competizione ufficiale come l’Europeo o il Mondiale, ma poter solo indossare la maglia Azzurra è stato qualcosa di straordinario”.

 

Per ripartire scegli Piacenza: due anni intensi.
“Tappa importante perchè l’ultimo anno di Varese è stato difficile e avevo quasi pensato per un attimo se ne valesse ancora la pena giocare. Poi mio papà aveva avuto dei problemi di salute ed era un periodo molto duro per me. Ho scelto io di ripartire dalla B e ho ritrovato l’entusiasmo di cui avevo bisogno. Passaggio fondamentale per la seconda parte della mia carriera”.

Altra tappa chiave sono stati i due anni e mezzo a Brescia con l’impresa di riportare la squadra in serie A dopo decenni e di riportare il grande pubblico: il PalaSanfilippo non bastò più ad un certo punto…
“Già, siamo finiti a Montichiari perchè c’era troppo pubblico che, altrimenti, sarebbe rimasto fuori! Brescia, Cremona e Varese sono le tappe più belle della mia vita da cestista. Due anni e mezzo speciali in una città speciale dove ho conosciuto tanta gente con cui ho legami ancora oggi. Ci siamo meritati di andare in serie A perchè è stato un percorso graduale ed erano trenta anni che la città aspettava la serie A. Diciamo che la vittoria con Varese era quasi dovuta, mentre qui l’attesa ha alzato di molto la soddisfazione per l’impresa.”

Tanti anni di carriera, tanti allenatori. Chi ha lasciato di più il segno?
“Mio papà è sempre stato una figura costante nella mia carriera. Trinchieri sicuramente ha un ruolo importante, poi devo dire che dopo Brescia ho iniziato a pensare e a vedere le cose anche dall’altra parte, quella del coach. Ho avuto la fortuna di incontrare allenatori come Gramenzi, Calvani, Lardo e Alessandro Rossi. Tutti molto diversi fra loro, ma da ognuno di loro ho cercato di rubare qualcosa”.

Quindi diciamo che da grande sai già cosa fare: da una parte la Varese Basket School insieme a Martino Rovera, dall’altra ti vedremo nei panni dell’allenatore pare di intuire.
“Non ce la faccio a stare lontano da questo gioco qui. La parte giocata finisce qui e sono contento di ciò che ho fatto in questi vent’anni. Però, non riesco a stare senza pallacanestro. Ho iniziato ad allenare i ragazzi quest’anno e mi è piaciuto tantissimo. Ci voglio provare e adesso mi prendo un paio d’anni per formarmi, per cementare la realtà di VBS che sta crescendo oltre ogni aspettativa e poi vediamo cosa succederà!”.

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