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NEL RICORDO DEL PRESIDENTE TUCCIO

C’è tanta nostalgia nel ricordare una persona così importante, anche per il basket cittadino, dalla Viola al Cap.Ricordi meravigliosi che abbiamo raccontato in compagnia del figlio Luigi,qualche mese fa (qui il link)

 

Quarto anno dalla sua ripartita che ricordiamo così.

Qualche anno fa abbiamo ripercorso tutta la sua avventura cestistica all’interno di questa intervista

Ci facciamo una bella “chiacchierata” di Pallacanestro all’interno di un giornale on line che parla degli accadimenti cestistici della stagione 2012.Un tuffo nel passato sin dalle origini del basket meridionale con larghi spunti riguardanti sia la storia della Viola Basket che del Cap Reggio in compagnia del Presidente Giudice Tuccio.Un’analisi dalle radici, dico bene?

R:Per andare alle radici della prima presenza della pallacanestro a Reggio bisogna aprire pagine lontane, ovvero nei primi anni del dopoguerra.

Tra parentesi:  ho pubblicato un libro su cinquant’anni di Reggio Basket assieme ad Alfredo Pedullà(Giornalista di Sportitalia) dove abbiamo tracciato insieme le radici del nostro basket:

Nel primo dopoguerra era rimasto a Reggio Calabria un profugo zaratino (proprio di Zara) che si chiamava Van Zandt:questo profugo ritenne di  rilanciare la palla a cesto a Reggio Calabria attingendo alle risorse locali e alle presenze atletiche di una certa eterogeneità,giacchè  non c’erano delle formazioni di basket o atleti di basket praticanti. Per fare questo  si è fatto riferimento a tutte le discipline presenti sul territorio: per rendere l’idea il capitano della squadra era un tale Mario Gentiluomo, atleta della Ginnastica Artistica accanto a lui i fratelli Zema,Napoli e tanti altri personaggi.

C’è stata una sorta di riconversione di tanto atletismo all’interno di una disciplina che, a quei tempi piaceva veramente molto.

Qui siamo negli anni 1944 però andando ancora indietro nel 1935 Reggio Calabria si esaltò nel basket femminile: fu memorabile una gara persa contro la mitica Ginnastica Triestina.Il capitano della squadra era Saveria Azzarà, poi meglio conosciuta perché sorella dell’atleta sordomuto, campione di Boxe, Azzarà, commesso al Tribunale di Reggio Calabria.

Ritornando al ’44, questa entrata in voga della Pallacanestro aveva coinvolto oltre che l’atletismo reducistico  di atleti che tornavano dalla Guerra(i ragazzi del ’19) che ritornavano a fare sport.

Negli anni 49-50 c’è stata la contemporanea esplosione del calcio: anche qui, c’è stata la presenza di soggetti dalmati.:Erminio Bergaric, Korostolev,Giorgio Bergic,Raktel ed altri;Insomma,un’irruzione di boemi,dalmati e zaratini.

Il basket nasce con contenuti quasi dopolavoristici. I primi campi di palla a cesto erano primordiali. Il primo in assoluto è stato realizzato vicino all’attuale Palazzo degli Invalidi a Piazza De Nava(qui siamo prima del ’50).C’erano atleti bassotti, tracagnotti con delle “curiose” retine in testa.

Questo richiamo alle armi dei primi dirigenti aveva avuto un precedente, oltre a quello della femminile.  Infatti,sempre in quegli anni 1935, l’Avvocato Francesco Giurato(uno dei più importanti Avvocati di Reggio) che era allora il responsabile Federale del Fascismo aveva lanciato a Reggio la pallacanestro. Ma durò poco.

Molti anni dopo(nel 1960-62) io conobbi Peppino Viola;egli era già magistrato ed io, più giovane di quattro anni, stavo per entrare in Magistratura.

Ricordo che egli avrebbe sofferto da li a poco un evento drammatico: la morte del fratello Piero.

Piero era Assessore della Provincia del Partito Socialista Italiano.

Gli venne affidato l’assessorato allo Sport. Accettò quest’incarico ben volentieri.Piero Viola, da persona sensibile quale era colse subito il significato della risorsa sociale,educativa e formativa che poteva offrire la Pallacanestro e mise su una prima squadra,a spese proprie.

In questa prima squadra c’erano persone che sarebbero diventate dirigenti come Enzo Micali,De Carlo,Lo Iacono,Ficara,Mandalari.Tutte queste persone erano allora i giocatori della prima squadra.

Avvenuto il decesso drammatico di Piero,Peppino, che ne era il gemello, rimasto sconvolto travolto dalla tragedia.

Ma una volta elaborata la fase del lutto,egli venne chiamato da un gruppo di amici (De Carlo e Micali su tutti) a prendere le redini della società sportiva(AICS). Tornando al periodo precedente, la mente va agli scontri memorabili sul selciato di Piazza del Popolo(Ex Federazione): li si giocavano partite memorabili sul selciato duro contro Messina(c’era Mimmo Sturiale, Acerbis).Chiusa quella fase, Viola decise di dare un nome a quella creatura.

Qual’era il nome di questa squadra prima di diventare Viola?

Aics che si fuse con la Virtus divenendo Cestistica Piero Viola.Apro una parentesi .Queste sono le note Associazioni sportive sostenute da partiti politici: le Libertas per la Democrazia Cristiana,Uisp per il Partito Socialista,la Fiamma per la Destra.

Poco dopo Viola mi fece l’onore di affidarmi la Presidenza di questa squadra:io ero poco più che  trentenne, rappresentavo per lui ,probabilmente,una capacità di penetrazione particolare in città.

Egli era una persona più riservata ,aveva  responsabilità notevoli, mentre da parte mia veniva assicurato un più intenso rapporto con operatori economici e professionisti della città

Sono stato Presidente per un quinquennio circa : ricordo che andavamo a prendere i giocatori a Messina : Il primo allenatore dalla terra peloritana,è il mio Professore di ginnastica  Dispensieri(che per capirci era mio Professore di Ginnastica nel 1948-50 quando facevo le Scuole Medie).

Poi venne Carmelo Fotia portando da Messina tre quattro ragazzi come Mazzagatti,Del Nostro,Miceli che io e Peppino andavamo a prendere al traghetto.

Si iniziava a giocare nei cortili delle Scuole, al De Amicis.I  successivi allenatori sono stati Franco Calafiore e Cristoforo Lo Faro.

E’ stato in questo periodo che la squadra potè disporre di un lungo di oltre due metri: Enzo Tuccio accanto al quale esordì Santo Versace.I campi erano il De Amicis e poi il Piria.

Dopo questo periodo, io lasciai giacchè gli impegni professionali mi obbligavano a star fuori (Ero Magistrato ad Agrigento).

Subentrò Enzo Micali,De Carlo era l’eterno amministratore .

Ho ripreso la presidenza della Viola nel 1975 coincidente con un primo salto di qualità sul versante tecnico con l’arrivo del primo allenatore “forestiero” Moizo: ritenuto molto bravo a livello nazionale.

Alla crescita tecnica si affiancò la crescita societaria con l’innesto di nuovi soci tra cui Gianni Scambia, il nucleo fondante era comunque sempre costituito da Viola,De Tommasi,Micali,De Carlo,Cutrona.

L’evoluzione si articolava a passo da gigante.Una sfida autentica è stata rappresentata dal contestuale arrivo a Reggio Calabria dell’allenatore Filippo Faina che portò con se Massimo Bianchi,Vinicio Mossali e Borlenghi detto “Borgo”.

In quel periodo la Reggina attraversava un momento di particolare debolezza e contestualmente la partecipazione agli incontri agonistici della Viola era diventata una “Moda”,insomma faceva tendenza in città.Sono state decine le signore che partecipavano alle manifestazioni ma talvolta capitava di ascoltare battute del tipo:”Ma i nostri quali sono i rossi o i verdi”.

L’evoluzione è stata sempre più rapida: avevamo preso in affitto anche una sede; gestivamo questi giovani all’interno di una sorta di Foresteria; ci facevamo carico di mandarli a Scuola.

Si incominciava ad andare in trasferta con un apprezzabile numero di supporters.

Personalmente mi spostavo con tutta la famiglia in memorabili trasferte :Firenze,Roma,Roseto,San Severo,Brindisi.

Le trepidazioni non mancavano quando il buon De Carlo ci faceva riflettere sul bilancio.. Mi ricordo che quando per la prima volta andai a trovare il Presidente di una squadra del Nord, la Biscottifici Vicenzi di Verona, alla ricerca di giocatori alti rimasi spiazzato. Zorzenon e Dolfi, costavano cento milioni ciascuno. Quando il Presidente Licenzi  mi chiese:”Ma Lei che garanzie mi da?” io dissi: sono un Magistrato.Ma  egli è rimasto insoddisfatto giacchè probabilmente non presentavo garanzie soddisfacenti. Con lui non abbiamo concluso ma con altri si, esponendoci molto spesso personalmente: Viola,Tuccio,Scambia e De Tommasi.

Si viveva una dimensione umana intensamente partecipativa, sentimentalmente folle: Viola era talmente “dentro””, appassionato e voglioso di fare bene, costi quel che costi.Nessuno sa  che egli, a garanzia,un impegno finanziario con la Federazione, ha fatto accendere ipoteca sulla sua abitazione.

La creatura cresceva, giorno dopo giorno. Lo spettacolo delle undici di mattina allo Scatolone era qualcosa di esaltante e non ci sentivamo di tradire questa attesa che si era maturata attorno a noi.

Ma se l’impegno cresceva, gli sponsor erano ancora quelli locali e le stelle patinate di Panasonic e Pfizer erano ancora lontane.

In un estate, per arrivare in Serie A, nacque il PalaBotteghelle: ricordo che era morto da qualche anno mio suocero,titolare di una importante impresa edile.

Non  dimenticherò mai che, per concorrere all’arredo interno del Botteghelle, abbiamo trasportato  strutture dell’impresa(Tubi Innocenti e Tavoloni per le gradinate) lavorando notte e giorno.

Lo stratega, il lungimirante era sempre Peppino Viola.

“Possiamo arrivare in A, avremo più pubblico” mi disse ma io mi scoraggiai: la città,osservavo, ad un certo momento ci chiederà conto di un notevole impegno finanziario. E se non saremo più in grado di farcela?Puntualizzavo sempre io.

In quel periodo avevamo preso due “gioielli” da Milano, due nazionali Juniores, Lovatti e LaGioia; avevamo Umberto Gira,avevamo Enzo Putortì,secono me occorreva rastrellare nell’intera città,nella provincia e nella regione per portare alla Viola le risorse giovanili disponibili.

Ma in verità, io non credevo al grande salto in Serie A.

Non volendo sminuire l’opera di Viola, decisi di uscire dalla società.

Dopo un anno di stand-by  mi chiamò De Carlo e ricordo che chiamammo un giovane Melara che era Presidente di una squadretta di serie inferiori.

Comunque non era ancora il Cap ancora: De Carlo mi disse:”Perché non ti prendi questa Presidenza con Melara in sella?”.

Ma il Professore Melara non era più alla Viola?

Melara era gia stato alla Viola, ma era risaputo che era rimasto male dopo l’arrivo di Moizo e di Faina perché in qualità di secondo allenatore non era stato selezionato. Melara non digerì questo e sposò e coordinò una nuova sfida, il Cap, nome che ti da l’idea della rudimentalità e purezza del progetto basato tutto sui fondamentali e sulla crescita dei giovani.

Ci fu un anno dove la Viola era terz’ultima in A2 con Santi Puglisi ,noi giocavamo lo spareggio per la B1. Il derby non avvenne mai,forse fu meglio così.

Il basket in quegli anni fu praticamente distrutto dalle vicende Gardini-Ferruzzi che incise parecchio anche sulle vicende di Viola e Cap: nel basket giravano i soldi della famiglia Ferruzzi che avevano fatto rialzare il prezzo dei giocatori all’interno del famoso crack del Messaggero Roma.

Li accadde questo: i prezzi lievitavano giorno dopo giorno,ora dopo ora.Il giocatore Kukoc fu pagato 28 miliardi di lire da Treviso solo per fare qualche esempio.

La Viola pagò sin troppo l’esito del lodo Lorenzon.Per la stessa dimensione il Cap fece la sua fortuna grazie alla cessione al Ravenna del giocatore Rosignano.

Nonostante la disponibilità finanziaria, il Cap rimase nella sua dimensione anche grazie alla creatività unica di Mimmo Melara che in estate si trasferiva fisicamente nelle montagne del Nord Est alla ricerca di giovani talenti. Aiutavamo attraverso un gemellaggio una squadra dell’Est d’Europa ed il Cap andava avanti con un tifo coinvolgente. Non era un tifo di contestazione della Viola: Zorzi voleva sempre fare amichevole con noi. Dan Caldwell se non veniva marcato da Federico Frati,la nostra guardia senese, non era contento.

Avevamo lanciato addirittura un giornale, Reggio Basket,;siamo andati avanti per parecchio tempo. Poi ho avuto incarichi di responsabilità  che mi costringevano a spostarmi in automobili blindate con scorta; mi trovavo a disagio, diventava il tutto sempre più difficile.

Io ero ad alto rischio in quel periodo e dovetti ammorbidire la mia carica d’entusiasmo.

Nel 1980 lasciai la Presidenza al buon Pasquale Meduri, persona unica e di un’infinità disponibilità umana.

Melara è sempre lì e non molla mai.Continuo a stimarlo veramente molto.

Preciso che mia moglie non ha mai fatto parte di quel gruppo delle signore “sciccose” che affollavano il parterre soltanto per tendenza non comprendendo neanche dopo molti anni le più elementari regole del gioco.Lei era tifosissima, conosceva il basket e tutte le sue regole.Ma, travolta dal tifo, ne aveva per tutti, arbitri e giocatori avversari in particolare.

Ricordo episodi particolari come un aggressione a sassate contro il nostro pullman a Brindisi ed a San Severo:qui ho conosciuto per la prima volta Walter Magnifico, un grande giocatore(giocava con Mossali nella Juniores ed è stato vicinissimo ad un trasferimento clamoroso al Cap).

Ed il rapporti con il resto della Calabria com’erano?

Questa è una delle cose che più mi dispiacque. Ogni volta che ci avvicinavamo ad un giocatore della nostra regione sorgevano problemi. Quando andavamo a parlare con queste squadre minori si giocava sempre al rialzo. A Cosenza ,Catanzaro e non solo nasceva un insulso provincialismo: non hanno mai voluto accettare quello che facevamo.

Ed i reggini invece?

I reggini soffrivano la presenza dei “forestieri”.Putortì soffriva il milaneseMassimo Bianchi: erano gli opposti. Sicuramente Enzo Putortì disponeva di ottime chanches tecniche per essere considerato quantomeno pari a Bianchi.

I nostri locali erano anche Umberto Gira e Salvatore Canale con tutta Santa Caterina accanto.

Nel frattempo Peppino Viola,presumo,”malignamente” per neutralizzare il crescente dominio territoriale del Cap s’inventò strategicamente la Basket Reggio affidata all’amico Malavenda.

Ci sono stati,per la verità,incresciosi riflussi di provincialismo, che mi hanno cagionato tristezza e qualche dispiacere.

E ritornando alla Viola, quando nasce la Scuola di Basket?

Nel momento della massima espansione della Viola con l’acquisizione di giocatori formati altrove si sentì la necessità della crescita e della utilizzazione delle risorse locali.

Prima siamo stati condizionati da una pessimistica visione di Filippo Faina secondo cui l’utilizzazione di giocatori locali è più unica che rara: solo un talento può emergere nel basket.

Le scuole di basket, secondo lui, erano fucine di giocatori di basso-medio livello: era difficile che dal settore giovanile potesse uscire il vero campione da portare in prima squadra.

Era difficile che personaggi che come Cerioni uscissero dai settori giovanili.

Ma tutto ciò non precluse di creare la scuola di Basket  per far crescere il movimento volto alla creazione di giocatori talvolta utili anche ad operazioni di mercato.

Buona parte delle famiglie reggine mandava i propri figli alla scuola di Basket. Abbiamo avuto dei preparatori unici(Per tutti Rocco Falcomatà): oggi quella scuola di basket rappresenta l’unico esemplare di continuità di lavoro nel nostro mondo del basket.

Ma adesso, anno 2012,il Giudice Tuccio come vede la pallacanestro?

Siamo usciti da una prima fase di depressione. Adesso c’è un piccolo rilancio. Ovviamente c’è stata una  rimodulazione su come si interpreta il basket.

Il basket oggi si rilancia su di una rimodulazione, su nuove realtà sociali. E’ duro fare follie, perché si rischia di sparire. Si è dato spazio alle fasce medie, talvolta arrivare alle fasce alte non è assolutamente facile.

In queste stagioni viviamo momenti di grande incertezza. Le regole cambiano anno dopo anno così come le strutture dei campionati e le normative riguardanti lo svincolo dei giocatori. In quegli anni i campionati e le regole erano fissi?

Erano regole fisse e si agevolava la capitalizzazione della società che aveva realizzato il miglior prospetto sul territorio.Si riconosceva il momento formativo. Non c’erano regole itineranti ma fisse.Erano anche altri tempi..

Intervista di Giovanni Mafrici per Reggioacanestro

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