Italia di basket, che flop
da Il Journal
“Almeno facciamo a cazzotti! Ma cosa avete dentro?!” L’urlo disperato dell’allenatore dell’Italia di basket, Simone Pianigiani, durante la sciagurata ultima gara dei campionati europei contro Israele potrebbe essere l’urlo di tutti quelli che hanno a cuore lo sport della palla a spicchi. La risposta purtroppo è :nulla dentro e nulla dietro.
L’uscita di scena dal basket continentale che conta, per il movimento della pallacanestro italiana, non è solo un fallimento dal punto di vista sportivo. Il basket nel nostro paese è il terzo per numero di praticanti, la Federazione dice di avere 200mila tesserati (dietro solo a calcio e pallavolo); è il terzo movimento per numero di soldi gestito dalla Federazione (in)competente: 32milioni di euro tra contributi CONI, sponsor ed introiti dalla varie attività che svolgono le squadre e per le quali pagano. E’ il movimento che ha prodotto più o meno nella stessa generazione tre giocatori che sono andati a far soldi e giocare nel campionato americano delle stelle, l’NBA: Bargnani, Belinelli e Gallinari.
Un anno fa dopo le qualificazioni agli europei di Lituania, rimanemmo fuori dalle migliori 16 d’Europa per colpa della differenza punti, uno solo ci condannò nel doppio confronto col Montenegro. Ma la nostra Federazione che intanto era riuscita a perdere sia l’assegnazione dei Mondiali del 2014 quanto quella degli Europei del 2013 (quest’ultima per una “dimenticanza” del file della documentazione necessaria) non ha accettato questo risultato del campo e forte del fatto che la Fiba (la Federazione internazionale) aveva deciso di allargare la fase finale degli Europei proprio da quella che avrebbe dovuto essere l’edizione italiana del 2013, ha spinto e pagato molto perché questa rivoluzione si concretizzasse da quest’anno.
E sempre un anno fa, furono convocate due conferenze stampa nel Salone d’Onore del Coni per ringraziare Belinelli e Bargnani (Gallinari era infortunato) giocatori “americani” di aver accettato di vestire la maglia della Nazionale! In nessun altro paese d’Europa dove ci sono giocatori NBA, è mai successa una cosa simile, perché nessuno si sognerebbe mai neanche di mettere in discussione la convocazione per la squadra nazionale. Presidente del Coni, Presidente della Federazione, dirigenti federali, tutti inchinati e grati per un fatto che dovrebbe essere normale.
Così siamo rientrati dalla porta di servizio e siamo capitati, come era logico che fosse essendo una squadra di quarta o quinta fascia, in un girone piuttosto difficile: Serbia, Francia, Germania più forti di noi, Lettonia ed Israele al nostro livello. “Ma noi abbiamo quei tre fenomeni, nessuno ha tre giocatori così forti che giocano nell’NBA – dicevano dalla Federazione italiana ed una certa stampa molto accondiscendente – e possiamo arrivare dovunque”.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: battuti anche da Israele 96 a 95 dopo un tempo supplementare, chiudiamo questa avventura con la sola vittoria sulla Lettonia. Inutile cercare spiegazioni: questo è il valore della nostra pallacanestro.
Il problema è che invece di pensare ad una politica di seria incentivazione e promozione del movimento, la nostra Federazione si perde in altre inutili attività : questa estate voleva acquistare una sede (nel momento in cui lo stesso Coni invitava tutte le Federazioni a fare attenzione alle spese) da 11 milioni di euro, 3500 metri quadrati sulla Cassia a Roma, con 60 posti auto ed un magazzino di 1000 metri quadrati (perché quello che ha adesso si allaga continuamente ad ogni pioggia più forte); nel campionato di B dilettanti non si è potuto fare un girone perché 16 squadre non si sono iscritte a causa dei troppi problemi economici cui la Fip non presta alcuna attenzione; da quest’anno partirà un ennesimo campionato intermedio tra la serie A2 ed i campionati dilettanti di cui nessuno sentiva la necessità perché il posto per far giocare i giovani italiani ci sarebbe visto che esistono cinque campionati che vanno sotto l’egida federale nazionale di cui uno (quello di C dilettanti) diviso addirittura in 8 gironi, ed altri che vengono amministrati dai Comitati Regionali. Per chiudere questo excursus sui mali, basta citare un regolamento per cui un ragazzo che firmi un cartellino con una società a 14 anni, ne diventa prigioniero fino ai 19, a meno di trattative economiche o di sacrifici da parte dei genitori che comprano il cartellino stesso dei loro figli.
Scandali arbitrali continui, ogni anno società che ben prima della metà della stagione smettono di pagare stipendi e rimborsi spese, sigle assurde come NAS, e DNA che prima di far venire in mente questioni sportive fanno pensare ad altre cose più serie. Insomma un movimento allo sbando di cui la Nazionale purtroppo è lo specchio più clamoroso. Non eravamo a Pechino e non saremo a Londra, Rio de Janeiro con questi presupposti è più di un miraggio perché mancano solo cinque anni.
Eduardo Lubrano
Il video di coach Pianigiani