Giovanili

CAMPIONATI,MOVIMENTO E PROBLEMATICHE, LE RIFLESSIONI DI COACH GAETANO GEBBIA

Campionati giovanili al via. L’allenatore analizza svariati aspetti del nostro movimento. Da Leggere con estrema attenzione. Voi che ne pensate?

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni del Coach Gaetano Gebbia

A pochi giorni dall’inizio dei campionati giovanili regionali sento il bisogno di condividere alcune riflessioni con i diversi operatori del settore, esprimendo le mie personali opinioni rispetto ad alcune problematiche che emergono soprattutto durante le gare dei suddetti campionati.

Cominciando con il ricordare a tutti noi che l’obiettivo primario dell’attività giovanile è quello di contribuire alla crescita umana dei ragazzi e delle ragazze che alleniamo. Lo sport può avere una funzione essenziale in tal senso, oggi forse più di altri contesti sociali, e tale opportunità non va sprecata.

Il ruolo di noi adulti assume un’importanza rilevante e bisogna essere consapevoli delle responsabilità che si hanno nei confronti dei giovani.

Utilizzando lo strumento educativo e formativo più efficace che si ha: il buon esempio, che vale molto più di tante parole o frasi fatte.

Ed allora mi piacerebbe che tutti noi allenatori avessimo un approccio diverso alle partite, a cominciare dal rapporto con gli arbitri, nella maggior parte di casi, giovani e di conseguenza poco esperti. Evitando la protesta immediata al primo fischio che non ci convince, atteggiamenti plateali contro le decisioni arbitrali, condizionamenti continui, soprattutto con i più giovani, tendenti ad avere un fischio a favore; assecondando e non piuttosto condannando proteste ed atteggiamenti sbagliati dei nostri giocatori rispetto alle decisioni della coppia in grigio.

Ai miei giocatori ricordo spesso che il regolamento del gioco (definito dalla FIBA ed adottato dalla FIP) è uguale dalla categoria under 13 all’Eurolega; ovviamente cambia il livello di competenza degli arbitri. “Voi pensate – dico – che alle partite ci siano arbitri di Eurolega? No, ci sono arbitri che fischiano nei campionati minori calabresi e quindi è normale che sbaglino, come sbagliate voi (che non mi pare stiate giocando in Eurolega!) e come sbagliamo noi allenatori”.

Senza ergersi a “protettori” dei giocatori rispetto ai “pericoli” arbitrali; non è questo il modo con cui li aiutiamo a crescere.

Quante volte ci rivolgiamo all’arbitro che non ha fischiato una evidente violazione di passi di un nostro giocatore?

Quante volte gli diciamo di fischiare un fallo che un nostro giocatore ha commesso nel tentativo di rubare la palla all’avversario?

Quante volte invece facciamo finta di nulla e siamo contenti di questi errori che però vanno a nostro favore?

Attenzione, non si tratta di fairplay, non c’entra nulla, si tratta solo di collaborare con l’arbitro nel processo di sviluppo tecnico e comportamentale dei giovani.

Perché probabilmente il punto è proprio questo: l’idea di collaborare (operare insieme) fra arbitri ed allenatori proprio non esiste, restano due mondi contrapposti, ognuno indifferente all’altro, spesso ostile.

Non mi risulta che arbitri ed allenatori di settore giovanile si siano mai seduti intorno un tavolo per discutere in maniera propositiva, senza pregiudizi e senza voler difendere ad ogni costo ed ottusamente le proprie posizioni, mettendo al centro della discussione l’interesse dei giovani giocatori.

Invitando il settore arbitrale a riflettere su come ci sia una enorme differenza fra arbitrare i senior, dove bisogna far applicare il regolamento, ed arbitrare le partite giovanili, dove invece l’obiettivo è contribuire alla crescita dei giocatori, possibilmente collaborando con l’allenatore. Ed allora se, ad esempio, una violazione alla regola dei passi in ambito senior, accaduta senza presenza del difensore e lontana dal canestro di attacco, non va fischiata in quanto ininfluente, la stessa violazione, in ambito giovanile, va fischiata, perché l’obiettivo è insegnare ai ragazzi a partire in palleggio in maniera corretta. E’ solo un esempio, altri se ne potrebbero fare.

Perché non prevedere la presenza in palestra di qualche arbitro durante gli allenamenti, per dargli modo di allenarsi arbitrando gli allenamenti, di confrontarsi con gli allenatori, di crescere insomma?

Utopia?

Probabilmente si, visto che si fa fatica ad avere un arbitro anche per le partite amichevoli, se non pagando un rimborso spese (cosa che peraltro non avviene in diverse altre regioni).

Ma perché?

Il giovane arbitro non ha bisogno di fare più esperienze possibili?

Non può essergli utile arbitrare qualche partita in più, sia pure amichevole?

Di tutto questo si potrebbe discutere se ci fosse un interesse reale e diffuso alla crescita del movimento.

Stesso discorso potrebbe farsi per i dirigenti che, a loro volta, dovrebbero essere da esempio (quello buono) nei confronti di tecnici e giocatori, senza, a volte, riuscire ad esserlo, trascinati dalla trance agonistica della gara.

Altro punto che mi interessa affrontare riguarda i facili giudizi che spesso diamo dei colleghi, mettendo da un lato i santi che andranno nel paradiso del basket, dall’altro i diavoli che meritano l’inferno; tutto sulla base di scelte tecniche ma soprattutto tattiche adottate dagli uni e dagli altri.

In realtà non si capisce quale sia il problema nel momento in cui un allenatore opera delle scelte rispettose delle DOA.
Le opinioni, per fortuna, possono essere diverse, tutte vanno rispettate anche se non condivise.

Il coach che ritiene ad esempio, che a livello giovanile vada utilizzata esclusivamente la difesa a uomo, deve comunque accettare le scelte di chi si schiera a zona, un tipo di difesa che comunque a livello delle fasce più alte può essere anch’essa formativa.

Il discorso cambia se la scelta è soltanto speculativa e fa prevalere la ricerca del risultato della squadra alla crescita dei giocatori.

L’allenatore comunque deve rispondere del suo operato alla sua società che saprà valutarlo anche in funzione delle scelte che vengono adottate, non ai suoi colleghi. Peraltro, dal punto di vista di chi sta dall’altra parte e si trova ad affrontare una difesa a zona, finanche “bulgara”, quale occasione migliore per far crescere i propri ragazzi che dovranno ampliare il proprio bagaglio tecnico, visto che non basterà più battere il proprio avversario?

Reggono sicuramente meno le giustificazioni che a volte vengono riportate: ad esempio che vincere le partite, ad ogni costo, crea entusiasmo ed aumenta il numero degli iscritti.

Credo piuttosto che spesso si sceglie la via più comoda perché insegnare ad un ragazzo a giocare senza palla, a battere il suo avversario in palleggio, a difendere, richiede tempo e soprattutto competenza.

E qui si apre un altro capitolo: il livello degli allenatori che operiamo in Calabria è decisamente basso; lo è innanzitutto perché è basso il livello del basket calabrese se il massimo campionato è quello della B interregionale.

Non può essere diversamente: la mancanza di squadre di vertice si riflette anche nella crescita degli allenatori, e non solo.

Lo è anche perché l’istituzione preposta al reclutamento ed allo sviluppo degli allenatori (la commissione regionale allenatori) latita da diversi anni; in Calabria si fa meno del minimo indispensabile, quando invece, proprio perché il livello è basso, si dovrebbe e si potrebbe fare di più; nessuna attività di reclutamento, pochi corsi di formazione, nessuna iniziativa che cerchi di migliorare gli allenatori.

Se ne deduce che le stesse persone, che operano nel nostro territorio, sarebbero sicuramente allenatori più capaci se inseriti in un contesto diverso.

Lo è, sia pure in misura minore, anche per responsabilità di noi allenatori che facciamo veramente poco per migliorare le nostre competenze: ognuno di noi si cura il proprio orticello, radicato nella propria palestra e purtroppo anche nelle proprie convinzioni.

Basta vedere quanti di noi partecipano a quelle rare occasioni in cui un allenatore federale viene in regione per una qualsiasi attività. Per non parlare di quanti di noi vanno a seguire, sia pure occasionalmente, l’attività di altri colleghi da cui tutti, indistintamente, avremmo qualcosa da imparare.

Questi soltanto alcuni temi, sicuramente ce ne sono altri ugualmente importanti per l’attività giovanile; tutti possono essere approfonditi anche da punti di vista differenti e finanche divergenti, importante non si perda di vista l’obiettivo, ossia la centralità dei ragazzi e la loro crescita.

Gaetano Gebbia

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