BASKET TRA GIOVANI ED ADULTI,LE RIFLESSIONI DI COACH GAETANO GEBBIA
Zoom e riflessioni attente sui confronti generazionali in campo.Cosa ne pensate delle dichiarazioni del Coach?
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Gaetano Gebbia
In ogni ambito della vita sociale (lavoro, famiglia, scuola, attività sportiva, etc.) è fondamentale il modo in cui ogni generazione accompagna la successiva nel proprio processo di crescita. Non sempre però gli “adulti” sono preparati a svolgere al meglio il compito, arroccati più che altro sulle proprie posizioni e privi di quella consapevolezza che in qualche modo fa parte del ruolo che ricoprono, anche soltanto anagraficamente.
Allora può succedere che in un campionato regionale di serie D ci siano squadre formate esclusivamente da adulti (molte) ed altre formate esclusivamente da giovani (poche); le ragioni per cui una società sceglie di far giocare un campionato senior ad una propria squadra giovanile risiedono sia nella volontà di far disputare un maggior numero di partite sia nel voler far confrontare i propri ragazzi con atleti più esperti e navigati, quelli che ti rubano il tempo del gioco, quelli che sanno anticipare meglio le intenzioni dell’avversario, quelli che sanno usare molto bene il proprio corpo, quelli che anche se in possesso di una tecnica discreta però hanno in più quella furbizia, quel mestiere da cui i giovani devono imparare; quella piccola spinta che non si può vedere ma che manda fuori equilibrio l’avversario, il chiamarsi un fallo che invece è un proprio fallo, quella finta che si impara solo con con l’esperienza costituiscono un bagaglio tecnico da cui i giovani non hanno che da apprendere.
Ma quando i giocatori adulti, sempre più ex e sempre meno giocatori, reclamano una sorta di “rispetto” e non accettano che i giovani esprimano il proprio entusiasmo, la propria freschezza, la propria esuberanza e di conseguenza anche la propria aggressività, cioè tutto quello che un allenatore vorrebbe nei propri ragazzi, allora gli ex giocatori stanno tradendo la loro mission non dichiarata. Quando si mettono a discutere con un ragazzino dieci anni più piccolo, reclamando chissà quale riconoscimento, allora non stanno insegnando nulla ai giovani avversari, stanno soltanto arrampicandosi per non cedere del tutto all’avanzare del tempo, stanno dimostrando di non essere consapevoli che quel campionato, pur nella sua mediocrità, può avere un senso non soltanto relativamente alla vittoria di una partita, ma anche perché può essere un’opportunità in cui i vecchi possono trasmettere qualcosa ai giovani. Così come non ha senso che allenatori o giocatori navigati cerchino sempre di influenzare il comportamento degli arbitri, soprattutto dei più giovani, quelli che non possano garantire in alcun modo quell’esattezza dei propri fischi che tutti vorremmo, dimenticandosi che il regolamento tecnico del gioco è sempre lo stesso, dalla serie A al primo campionato giovanile mentre si pretenderebbe che un campionato delle minors venisse arbitrato con lo stesso livello di qualità dell’Eurolega. E’ allora diventa un tutti contro tutti mentre sarebbe bello che, pur nel rispetto del valore delle squadre e dello spirito competitivo che deve caratterizzare ogni partita, non si perdesse di vista il ruolo che ciascun protagonista (giocatore giovane, senior, allenatore, arbitro, dirigente) riveste non solo in funzione di se stesso o della propria squadra, ma di tutto il movimento. Altrimenti non ha senso che i giovani giochino contro gli adulti e quella che invece potrebbe essere un’opportunità di crescita perde il proprio valore formativo e rischia di far diventare quel campionato un semplice cimitero di elefanti.
Gaetano Gebbia