EMOZIONI A RAFFICA:ALBERTO RUSSO..RICORDANDO L’AZZURRINA
di Giovanni Mafrici – Il 9 di marzo si avvicina.
Al Palalumaka, ritorna in campo l’Azzurrina nel ricordo del Presidente Pino Campolo.Palla a due alle ore 20.
Una favola sportiva bellissima.
Tra i Top Player assoluti di quel gruppo, c’era Alberto Russo, giovanile di spicco, volato fino alla prima squadra nella Cestistica Piero Viola.
Oggi, papà di Tommaso, play della Pallacanestro Viola e di Alessandro, portiere che ha anche esordito in A del calcio.
Un’intervista emozionante, tra ricordi ed emozioni.
Innanzitutto, ci puoi raccontare,chi era Pino Campolo e quanto è stata importante per te l’Azzurrina?
“Parlare di Pino Campolo è, per me, complicato.
Il dolore è ancora grande e vivo per una persona a cui volevo molto bene e rispettavo tanto.
Pino era una persona incredibile.
Descriverlo è dura: quando una persona non c’è più si tende a banalizzare, includendo solo la parte positiva di una persona.
Non vorrei banalizzare ma, onestamente, l’ho sempre pensato come una persona “mono-organo”.
Tutti veniamo riconosciuti per le nostre competenze, i nostri trascorsi, la nostra personalità: lui era guidato sempre e solo da un grandissimo cuore.
Voleva bene a tantissime persone.
Persona pura limpida ed aperta:una persona sbarazzina che non badava alle forme.
Presenza continua e costante senza fartelo pensare.
Lui c’era e ci sarebbe stato sempre.
Un grande abbraccio alla sua famiglia:”
Il tuo arrivo all’Azzurrina?
Il mio arrivo all’Azzurrina è derivato da Pino:in maniera discreta mi aveva palesato le sue intenzioni.
Ero incuriosito da quella società, dall’Azzurrina, dentro e fuori dal campo: in quel momento era quell’ambiente era lontano dal mio modo di vedere il basket.
Arrivavo da Palmi e provò ad incuriosirmi.
Da lì nacque, probabilmente la più bella esperienza per me nel mondo del basket, dove ho reso maggiormente e dove mi sono divertito di più.
Sei un papà cestistico(e non solo), di successo. Come stai vivendo il ritorno a casa di tuo figlio Tommaso e come reputi fino al momento la stagione, anche in ottica coinvolgimento, della Pallacanestro Viola.
“Il ritorno di Tommaso a Reggio..allora, vi devo confidare una cosa: per entrambi i miei figli ho sempre provato a tenerli lontano da Reggio.
L’esperienza di Tommaso alla Pallacanestro Viola è interessante.
Voleva capire a che livello poteva stare.
E’ un ragazzo molto critico.
Ha subito due infortuni importanti.
E’ consapevole che deve lavorare, ma, spero e mi auguro che salutati gli infortuni, potrà trovare spazio e si goda questa bella esperienza.
Mi piace molto la squadra: è l’idea di squadra che piace a me, squadra che ogni domenica sa che se la deve guadagnare.
Mi piace anche l’aspetto societario perché credo siano tutti sulla strada giusta, non vivendo di ricordi di quel “enorme” nome che si ha, ma costruire con i passi giusti al momento giusto.”
Il momento più bello e la partita che porterai sempre con te delle stagioni con la maglia dell’Azzurrina.
“Gli anni più belli.
Ero nel pieno della maturità: avevo finalmente salutato un brutto infortunio.
Portato dietro me delle esperienze importanti e grazie a Pino e Mario Crisafi si era creato un gruppo di persone di talento, magari non appariscenti ma concrete.
Facevamo una pallacanestro avanti di trent’anni:non voglio essere presuntuoso ma, nel nostro piccolo, facevamo un basket modello Golden State Warriors.
Il concetto era, esasperare il tiro da tre punti, il vero nostro vantaggio.
Eravamo i più bassi di tutti ma correvamo tanto, difendevamo tanto e per correrci dietro, tutti, facevano una grande fatica.
Avevamo gente in campo che conosceva il basket e sapeva sempre quello che doveva fare.
Magnifici i due Crisafi, Mario e Nando, e successivamente Guido Grandini, molto importante per noi”.
La partita?
Ricordo tantissime partite, in particolare modo quelle con il Cap, prima della sosta di Natale, nell’anno in cui abbiamo giocato il PlayOff contro Barcellona ed il Cap salì.
Una sfida memorabile, oltre quota cento.
Abbiamo vinto.
Percentuali elevatissime, chi c’era allo Scatolone avrà esultato come non mai.
Il mio rimpianto più grosso è che, nei momenti più importanti di quella stagione, purtroppo ho avuto un brutto infortunio alla caviglia.
Giocare una finale contro il Cap sarebbe stato bello ed intrigante.
Avrei voluto giocare al top nei momenti importanti.
Ovviamente, non sei “solamente” un papà cestistico, considerato il percorso nel mondo del calcio di tuo figlio Alessandro. Hai qualche consiglio per i genitori che s’interfacciano da poco nel mondo dello sport?
“Siamo due sportivi.
Per noi lo sport è fondamentale.
Fosse per me, andrei a costringere le famiglie allo sport obbligatorio, seriamente, nelle scuole, fino almeno a quindici anni.
Il Genitore è il mestiere più difficile di tutti.
Si dovrebbe investire nella scuola e non solo dal punto di vista dei Professori ma anche dal punto di vista delle strutture.
E’ complicato ma, i nostri ragazzi vanno supportati ed aiutati.
Devi riuscire ad essere una presenza “quasi invisibile”.
Qualcosa tu dica a tuo figlio, sei l’ultimo degli ***, non sei credibile ma, supportare ed aiutare, “portare logisticamante” i nostri figli è basilare.
Lo sport crea sicuramente persone migliori”.
Ritorniamo a parlare di Viola. Il tuo gruppo giovanile era realmente fortissimo. In tanti di voi avete spiccato il volo verso categorie d’alto livello, chi in Serie A, chi in prima squadra. Che anni furono e come mai siete, ancora oggi, così coesi?
Innanzitutto, ho sempre detto che la pallacanestro è stata la mia migliore amica.
Ho perso mio papà improvvisamente a sedici anni e mia mamma a 18.
Senza la pallacanestro non sarei la stessa persona, a quell’età, senza il basket sono sicuro che avrei avuto delle difficoltà: sono grato alla pallacanestro.
Faccio parte di quei ragazzi neroarancio che partirono da zero, quel settore giovanile partì con noi.
Coach Gebbia, il Giudice Viola, si creò qualcosa di incredibile.
Il basket mi ha permesso di conoscere persone eccezionali che oggi sono i miei migliori amici.
Ho intrecciato legami profondi, Donato Avenia(e lo sapete) ma non solo.
Tutti mi hanno dato veramente tanto.
Aver vissuto quegli anni ha trasformato la mia vita.
Donato, Gustavo, Massimo Mazzetto che, in soli otto mesi ha amato Reggio più dei reggini, Giovanni Spataro, Stefano Attruia, sono state persone che nella mia vita sono entrate, e grazie a quello che ci è stato insegnato in quel mondo mi hanno arricchito come persona.
Oggi, la situazione è totalmente diversa ma porterò per sempre nel cuore quei momenti, basilari per la mia crescita di uomo e di sportivo.
Grazie al Coach Gebbia manteniamo determinati rapporti e sappiamo che, quel gruppo c’è: è un gruppo di varie annate che hanno determinato la crescita del movimento.
SI è anche sperimentato su di noi:partivamo da zero arrivando a mondi impensabili.
La Viola è stata da traino.
Ed a questo punto, ritorno all’Azzurrina ed a Pino.
In quegli anni, il movimento era pazzesco.
I neroarancio erano il traino, il Cap, anche in competizione con la Viola faceva movimento, i derby erano sentitissimi.
Tantissime squadre, tantissimi ragazzi e tantissimi atleti usciti da quei settori giovanili andavano a giocare in tutte le squadre del territorio.
Era tutto molto bello: adesso un po si è persomi auguro che si torni a quei numeri.
Sono molto felice di aver vissuto quegli anni e di averli vissuti a pieno.
Pino Campolo fu importante e lo ringrazierà sempre per la mia esperienza all’Azzurrina.