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AUTORIZZAZIONE NEGATA: L’AMAREZZA DI FRANCESCO SCAMBIA

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L’evolversi non è positivo.Leggete qui

Tutto questo lo ricordo perché, in quanto soggetto chiamato all’eredità di mio padre, ho chiesto con urgenza lo scorso 22 giugno 2023 autorizzazione al Tribunale di Reggio Calabria, a riassumere la causa che aveva intentato contro lo Stato per responsabilità dei magistrati per la persecuzione subìta negli ultimi 26 anni della sua vita – scrive Francesco Scambia. Mi sono anche impegnato, qualora avessi ottenuto quest’autorizzazione, e il riconoscimento delle ingiustizie subìte, a investire l’eventuale risultato dell’iniziativa a favore della città di Reggio. Prendo atto, con dispiacere e rammarico, che questa autorizzazione mi è stata negata dal Tribunale lo scorso 1 Agosto 2023, nonostante la richiesta fosse supportata da altre sentenze che concedevano al chiamato all’eredità tale alternativa al fine di non dedurne una accettazione piena.

 

La missiva che riceviamo e pubblichiamo

La storia di mio padre, l’ing. Gianni Scambia, è quella di un imprenditore di successo, che ha dato la vita per il lavoro, la famiglia e per la sua città di adozione, Reggio Calabria. Lo ha fatto da imprenditore, da presidente dell’associazione dei costruttori edili, da presidente e principale finanziatore della Cestistica Piero Viola.

È un fatto che negli anni ’90 la distruzione di tutto quello che, in oltre 30 anni di lavoro lui aveva costruito per le sue imprese e per Reggio Calabria, ebbe inizio con delle dichiarazioni false da parte di due pentiti, gli stessi che avevano consentito di dar via al processo Olimpia, utilizzate dalla DIA per accusare mio padre, ma soprattutto la società sportiva, di ricevere finanziamenti illeciti dalla mafia.

La querela nei confronti di questi pentiti fu archiviata su richiesta della procura, dopo diverse richieste di indagini e approfondimenti da parte del Giudice, perché questi si erano sbagliati e “non volevano offendere”. Ma quelle dichiarazioni furono l’inizio della fine, perché dopo quasi un anno da quell’archiviazione, furono riprese dalla DIA, come se niente fosse accaduto, proprio per avviare l’inchiesta sulla Viola.

Quegli anni, come molti di voi ricorderanno, passati senza sponsor, furono durissimi, con mio padre che diede tutto per consentire alla Viola di continuare a esistere e partecipare al massimo campionato di serie A1. Mai come oggi possiamo renderci conto di quanto questo sia difficile, quasi impossibile con accuse inesistenti e una inchiesta pendente con anche rogatorie internazionali e titoli in prima pagina che anticipavano o cercavano di influenzare l’esito delle indagini.

Le sentenze di proscioglimento, arrivate dopo qualche anno, smentirono ogni accusa di contaminazione mafiosa, ma il fallimento della Viola, dichiarato d’ufficio dal Tribunale di Reggio Calabria, nonostante il piano di risanamento basato sulla vendita del Centro Sportivo di Modena alla Provincia, tolse ogni speranza ai destini della società di pallacanestro. Su quella dichiarazione di fallimento nel tempo si sono susseguite: una decisione della Corte d’appello di revoca del fallimento, un giudizio in Cassazione viziato nella forma che disponeva un nuovo appello, un secondo appello di conferma della sentenza di fallimento e un secondo giudizio in Cassazione che respingeva il ricorso perché presentato oltre i termini previsti dalla legge (al pari del primo ricorso).

Infine, un vano ricorso alla Corte Europea contro un procedimento che ha visto la medesima legge interpretata e applicata in modo opposto in due momenti differenti. Tutte le indagini e le accuse sono state avanzate senza che mio padre sia mai stato interrogato dalla Procura se non in sede di dibattito processuale. Al fallimento della Viola, di cui mio padre personalmente e con le sue società ne era di gran lunga il principale finanziatore, seguirono a catena i fallimenti di tutte le società del suo Gruppo. Gruppo perché la proprietà di tutte le aziende era riconducibile direttamente, o indirettamente tramite società dello stesso Gruppo, esclusivamente a mio padre e ai suoi due fratelli. Nelle memorie delle decine, se non centinaia, di cause affrontate da mio padre, ogni singola movimentazione di denaro è stata giustificata all’interno della gestione del Gruppo.

Tutto questo lo ricordo perché, in quanto soggetto chiamato all’eredità di mio padre, ho chiesto con urgenza lo scorso 22 giugno 2023 autorizzazione al Tribunale di Reggio Calabria, a riassumere la causa che aveva intentato contro lo Stato per responsabilità dei magistrati per la persecuzione subìta negli ultimi 26 anni della sua vita. Mi sono anche impegnato, qualora avessi ottenuto quest’autorizzazione, e il riconoscimento delle ingiustizie subìte, a investire l’eventuale risultato dell’iniziativa a favore della città di Reggio. Prendo atto, con dispiacere e rammarico, che questa autorizzazione mi è stata negata dal Tribunale lo scorso 1 Agosto 2023, nonostante la richiesta fosse supportata da altre sentenze che concedevano al chiamato all’eredità tale alternativa al fine di non dedurne una accettazione piena. Questa negazione, rispetto a una richiesta avanzata principalmente a tutela dei creditori, mi vede costretto a procedere con la rinuncia, come già fatto da mia madre e mia sorella il mese scorso. Il giudizio, infatti, costituiva una potenziale posta attiva per far fronte alle garanzie fornite ai tempi. L’accettazione con beneficio d’inventario, seppur più complessa da gestire, mi avrebbe consentito di tutelare la mia famiglia e allo stesso tempo di dar seguito agli sforzi che per oltre 26 anni mio padre ha dedicato a difesa di ogni azione compiuta nella gestione delle sue società e per il sostegno della società sportiva. Tale rinuncia non mi solleva dalla responsabilità che sento di continuare a ricercare ogni possibile riconoscimento di giustizia, perché la storia di mio padre è anche la mia storia.

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