PER SEMPRE MASSIMO MAZZETTO:BUON COMPLEANNO CAMPIONE
Oggi, sarebbe stato il suo compleanno.Padova – 11 aprile 1965.
Oggi, avremmo potuto raccontare di una carriera folgorante, volata chissà dove verso i palcoscenici più ambiziosi ed esaltanti, magari con la canotta della Cestistica Piero Viola del Giudice, suo scopritore ed estimatore.
Oggi, raccontiamo, tristemente, di una Stele andata distrutta nel Piazzale Atam di Reggio Calabria e di una iniziativa popolare che, dovrebbe concretizzarsi per far risorgere qualcosa di ancor più importante nel ricordo del play padovano.
Era il 1986,anno di nascita di Marco Belinelli,primo italiano a salire sul tetto del mondo con i San Antonio Spurs di Manu Ginobili.
Era il 18 Giugno 1986 ed ogni anno,il nostro pensiero volge verso un talento unico che, a detta di tutti gli addetti ai lavori sarebbe diventato un grande giocatore dello sport che amiamo.
I presupposti c’erano tutti:umiltà, spirito di sacrificio, carattere,tecnica. Aveva tutto(Così come raffigurato nella stele andata distrutta creata dall’artista reggino Pino Napoli).
C’è chi ha preferito portarselo con se verso altri paradisi della palla a spicchi lasciando in tutti noi un ricordo straordinario di una maglia “numero 14” ritirata “per sempre” dalla Viola che fu(indossata per l’ultima volta dal suo amico e compagno Donato Avenia nella massima serie del basket italiano).
Il ricordo più speciale arrivava da Facebook, qualche anno fa e dal suo Coach,Gaetano Gebbia, Assistente di Gianfranco Benvenuti in quegli anni:
Ogni volta che il pensiero va a Massimo, lo rivedo in quella sua abitudine quotidiana: al Botteghelle entrava in campo dagli spogliatoi sempre con le scarpe slacciate, si fermava a bordo campo, si piegava e se le allacciava, sorridendo.
Non so se avesse per lui un significato particolare, un gesto semplice che forse più di altri esprimeva la sua semplicità.
Perché questo colpiva di Massimo, più del suo atletismo,, delle sue qualità tecniche, della sua determinazione, che probabilmente lo avrebbero portato ad essere, nella sua trasformazione di ruolo, uno dei playmaker più importanti della pallacanestro italiana.
Un giocatore di talento che avrebbe potuto competere con i migliori registi moderni, quali Brunamonti e Gentile.
Un ragazzo semplice che condivideva l’appartamento di Via Reggio Campi insieme ad altri ragazzi semplici, compagni in cui è ancora viva la ferita di quel giorno.
Un ragazzo semplice, che entrava in campo con le scarpe slacciate e sorrideva alla vita.